giovedì 11 marzo 2010
Donne di classe e tacchi a spillo
Accostare i tacchi a spillo all’impegno a sinistra delle donne è un buon modo di prendersi, e prendere in giro
Donne di classe e tacchi a spillo
di Monica Lanfranco
Una amica femminista più giovane di me ha nel bagno, accanto al lavandino, un quadretto con una scritta: ”My body is not a temple, is an amusement park” "Il mio corpo non è un tempio, è un parco di divertimenti". Mentre mi lavavo i denti mi sono chiesta se questa divertente e perentoria affermazione mi calzasse, essendo anche io, pur di quindici anni più vecchia, una donna laica e femminista.
Ho riflettuto sul fatto che in diverse occasioni ho percepito e vissuto il mio corpo, (e anche i corpi di chi ho amato e amo), in entrambe le dimensioni, e quindi non posso dire che la mia condizione carnale e fisica sia legata solo alla sfera del piacere e del divertimento o solo a quella della sacralità.
Penso che sia difficile, se non quasi impossibile, ridurre ad uno slogan o ad un simbolo unitario una fattispecie così complessa e dinamica come quella del corpo, o della sessualità, o dell’identità. A volte, però, è necessario farlo. Nel mercato lo si fa di continuo: ci sono stuoli di persone che vivono e prosperano sulla comunicazione e sul relativo commercio di brand, di marchi, di logo per farsi largo tra i milioni di messaggi che la globalizzazione propone.
L’obiettivo è arrivare a colpire l’attenzione: accade nei media come accade nello spazio pubblico, e quindi anche nella politica. Penso che il punto centrale, per valutare un messaggio politico, sia da una parte certamente la scelta delle immagini e delle parole per comunicare, e dall’altra se dietro a questo logo ci siano contenuti, cose vere da dire e da offrire, o solo, appunto, il logo e nulla più.
Faccio un esempi: la campagna del quotidiano Unità, appena insediata la nuova direttora, qualche tempo fa. Per intenderci quella del moderno sedere fasciato nella gonna di jeans, nella cui tasca era infilato il nuovo giornale. La trovai brutta e un’occasione mancata, perché per la prima volta il più diffuso giornale della sinistra era diretto da una donna che a mio parere sbagliava nella comunicazione di questa eccellente novità.
Nel manifesto non si vedeva la faccia della giovane con il bel sedere: voglio dire che non ho nulla contro il sedere, ma se è l’unico aspetto che si evidenza di una donna allora non sono d’accordo, e trovo che si cada inesorabilmente nella comunicazione sessista.
Quello che cerco di spiegare, prima di tutto a me stessa, è che trovo importante quello che Lorella Zanardo ricorda nel video Il corpo delle donne, riportato da Loredana Lipperini: “A monte del reggiseno in vista e delle labbra gonfie, che anche la più intelligente delle ospiti di un dibattito si sente, a differenza dei colleghi maschi, in obbligo di esibire, c’è il malinteso concetto che un essere umano, che ha raggiunto la presunta liberazione dagli stereotipi possa usare i medesimi per divertirsi”.
In questo paese, da tempo, è in corso un attacco violento contro tutto quello che sta a cuore alle donne, di ogni età e ceto sociale, che hanno contribuito alla conquista e all’estensione dei diritti e all’autodeterminazione, per se stesse e anche per gli uomini.
È quindi difficile essere serene e non guardinghe, persino in eccesso, verso l’ammiccamento a quegli stereotipi di genere che pensavamo consegnati alla brutta storia passata, e che invece oggi ci stanno nuovamente soffocando.
Però sono del parere che la resistenza, la rabbia, lo sdegno non possano essere l’unica cifra per lottare contro l’ingiustizia: ci sono munizioni altrettanto potenti come l’ironia, l’autoironia, lo scherno, la risata che seppellirà, l’audacia negli accostamenti, in una parola: la creatività.
A me pare che accostare, con un evidente gioco di parole sull’appartenenza di classe, i tacchi a spillo all’impegno a sinistra delle donne sia un buon modo di prendersi, e prendere in giro, e nello stesso di colpire l’attenzione.
Certo, molto spiritosa la sinistra non è mai stata, e purtroppo è imbarazzante essere cittadine e cittadini di un paese dove il presidente del consiglio è famoso, priapismo a parte, per il suo ossessivo ricorso alle barzellette.
Però la lievità, il gioco, persino il rischio dell’essere fraintese sono indispensabili per uscire dalla palude in cui ci troviamo.
Io i tacchi, figuriamoci poi quelli a spillo, non li ho mai messi, e cadrei anche con scarpe che non fosse più che basse. Però, come cantava Vecchioni, tributando la bellezza dei tacchi della sua ragazza: “La tua intelligenza non ha limiti, è fuori discussione, però con quella amore scusami non ci faccio una canzone, e confesserò che non sottovaluto di vederti camminare; più che il portamento è quel modo di ondeggiare lento lento lento. Lasciatemela vivere, la gioia del tuo culo e del tuo cuore”.
Penso che si possa essere femministe, laiche e inflessibili su sessismo, omofobia e razzismo anche scherzando sui tacchi e la classe. Quando avevo vent’anni e intervistai Nilde Iotti di lei ricordo anche, con tenerezza, che mi disse, schiudendo la porta della stanza d’albergo dove alloggiava: “Un velo di rossetto, e arrivo”.
Qualcuno avrebbe detto che si trattava di una civetteria poco consona al suo ruolo politico: per me fu, e resta, una meravigliosa prova di libertà e di bellezza che solo una donna può regalare al mondo.
Forum
4 Messaggi del forum
Donne di classe e tacchi a spillo
Credo di avere la tua stessa storia politica ma da giovane ero piuttosto integralista: senza jeans strappati, maglioni larghissimi e polacchine ai piedi non potevi essere di sinistra! Nei "giorni di femminismo" erano di rigore gonna a fiori e zoccoli. Hai mai letto Mistero napoletanodi Ermanno Rea? È un quadro abbastanza inquietante del PCI napoletano negli anni ’50. Era senz’altro un partito sotto assedio in una città spartita tra NATO e laurismo ed ai comunisti veniva richiesta non solo integrità morale ma anche una cieca obbedienza ai costumi moralisti e bigotti del partito. Ed è in questo partito che lavora Francesca Spada, giornalista, critica d’arte dell’Unità napoletana. La descrizione di quando va a teatro con l’abito da sera, la storia della sua vita fuori dagli schemi (negli anni ’50 ha osato avere, lei già sposata e con figli, un rapporto fuori dal matrimonio con un compagno di partito) sono stati per me un modo per capire che la rivoluzione, una certa rivoluzione, poteva passare anche attraverso un rossetto. Continuo a non usarlo, ma sono diventata molto più tollerante!
di antonietta cutillo | 19 febbraio 2010, 11:27
Donne di classe e tacchi a spillo
Sono d’accordo, tacchi a spillo e rossetto non sono patrimonio di chi non è di sinistra. Ricordo che negli anni 70 era in voga uno slogan "se non hanno l’eschimo non li vogliamo" Mio cognato è andato ad una manifestazione a Roma con il cappotto di ... caschemir...non aveva altro da indossare...ancora adesso a distanza di 40 anni quando lo riferisce tutta l’amarezza per la derisione di cui è stato oggetto torna a galla.
di Carmela | 21 febbraio 2010, 21:19
Donne di classe e tacchi a spillo
€ penso di essere nella fascia di eta’ delle due compagne (spero accettino l’appellativo !) che hanno lasciato il loro commento prima di me,leggere mi ha fatto capire che ogni generazione ha i propi simboli,che cambiano anche i contenuti ma mi auguro che le idee siano sempre di sinistra,i tacchi a spillo di oggi sono i nostri zoccoli,io li avevo anche con la pelliccia.calzari a parte ragazze non crediate che quello che siamo riuscite a migliorare sia per sempre,oggi e’ tutto precario state in campana.Gelsomina
di Gelsomina | 22 febbraio 2010, 14:48
Donne di classe e tacchi a spillo
Io non capisco una cosa. Non è in discussione il fatto che una donna di sinistra possa fare uso tacchi a spillo o rossetto o altri segni (forse qui fin troppo) convenzionali di seduzione. E’ in discussione la relazione di questi segni con un significato politico da comunicare. A me non arriva alcun contenuto politico. E la scarpa non solo fallisce nel trasmetterlo ma assorbe nella sua sfera di simbolo di apparenza il termine classe, svuotandolo di ogni forza e connotazione storica. (si potrebbe dire che la classe non è solo apparenza ma anche sostanza, ma allora andava trovato un simbolo diverso dallo stiletto da marciapiede)
di laura | 25 febbraio 2010, 16:03
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venerdì 19 febbraio 2010
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